a

"Noi abbiamo bisogno di testimoni, di persone cioè che ci indichino la strada della vita, la bellezza della consegna a Cristo. " (Mons. Camisasca)

OPERA CARMELO CAPORALE ONLUS

Dove siamo

Via Roma, 7 – 20090 Buccinasco (MI)
Tel: +39 348 652 8807
C.F. 97158570156
operacarmelocaporale@gmail.com

Ultimi post

 

Chi è Carmelo

Testimone purissimo della grazia

Carmelo Caporale

CENNI BIOGRAFICI

 

Carmelo è un ragazzo di sedici anni simile ai suoi coetanei: ha la loro stessa vivacità, gli stessi interessi, gli stessi sogni e le stesse speranze. Di giorno lavora con serietà e con passione, alla sera gli piace uscire con gli amici, andare al bar, in discoteca. Ride, scherza, si diverte. Tutti gli vogliono bene… Quando, un giorno, imprevedibilmente, si sente male e si ammala.

CARMELO:

“Quando mi sono ammalato avevo 16 anni e vivevo una vita normale, così come si vive a quell’età, con tutte le aspettative che ci sono e la voglia di vivere. Poi è successo quel che è successo (paralisi per poliomelite). Tra l’altro io non ero uno che frequentava la Chiesa, anzi, la frequentavo pochissimo. Ciò a cui miravo era riuscire bene in certe cose: roba normale, come avere la morosa, divertirmi… Puntavo a dei valori diciamo “umani”, che però erano al di fuori di un significato più grande, al di fuori di un vero significato”.

“All’inizio non si sapeva bene cos’era e cosa non era e se mi sarei rimesso a camminare di nuovo. I primi giorni avevo fretta di uscire dall’ospedale perché il sabato successivo volevo andare al concerto di Elvis Presley e facevo progetti con gli amici. Pio invece ho iniziato a vedere che le cose si mettevano male e che di fatto non c’era la possibilità di venirne fuori. Non me l’hanno detto brutalmente, però ci sono arrivato nel giro  di qualche mese”.

Dopo che sono rimasto paralizzato mi sembrava di essere in una situazione di morte; non poter più fare tutto quello che facevo prima, non potermi muovere era non vita: così pensavo in un primo momento” .

“Prima di ammalarmi vivevo senza chiedermi il perché della vita” .

“Ho vissuto due atteggiamenti: il primo di profonda apatia, indifferente ad ogni cosa; il secondo di grande ribellione nei confronti delle persone e di Dio. Mi trovavo solo! Solo con la consapevolezza che nessuno poteva fare nulla per me. Vivevo con la paura di stare nuovamente con la gente” (Carmelo).

Comunque il buio peggiore, apparentemente impenetrabile di questi due anni, più radicale e profondo è quello del “non senso”: “È stato un inizio tremendo, e mi sono ribellato perché non potevo accettare di non poter vivere come prima”.

“Prima di ammalarmi vivevo senza chiedermi il perché della vita” .

Ma la realtà gli viene incontro in modo imprevisto e diverso da ogni possibile progetto. È l’insorgere del Mistero nella sua vita, quel Mistero che in modo inequivocabile vuole farsi compagno al suo Destino. In questo momento di disperazione Carmelo torna a Lourdes dove era già stato due anni prima. Di fronte alla Madonna Carmelo comprende che tutto quello che gli è accaduto può essere accolto, accettato. Da quel giorno in cui dice si alla Madonna inizia a percorrere tutto il cammino della sua vita con questo si nel cuore, sulle labbra e sul volto. Gli amici che Carmelo ora accetta di incontrare sono quei ragazzi che Don Stefano, il Parroco di Buccinasco, gli aveva già fatto conoscere l’anno prima. È attraverso di loro che Carmelo incontra Comunione e Liberazione, il Movimento ecclesiale nato nel 1954, quando Mons. Luigi Giussani, diede vita ad un’iniziativa di presenza cristiana chiamata Gioventù Studentesca (G.S.).

Sono proprio questi ragazzi di G. S. che iniziano ad andare a  trovarlo. Lui li definiva così: “Persone che ci tenevano a farmi sapere che avevano incontrato qualcosa che aveva riempito la loro vita. Dal momento in cui mi è stato testimoniato Cristo, mi sono fatto prendere da Lui. Cristo mi ha rimesso in gioco, mi ha recuperato da una situazione di morte in cui ero caduto, secondo una mentalità comune che era purtroppo anche la mia”.

Come per loro, anche per lui accade un Avvenimento che cambia la sua vita per sempre. È significativo che Carmelo, nelle testimonianze che ha lasciato, affermi che il compiersi del Miracolo già accaduto ai piedi della Vergine, è avvenuto ed avviene dentro quella modalità storica con cui il Signore gli si è fatto vicino: la Sua compagnia dentro dei volti umani, la Chiesa. Dal 1966 abita con i suoi a Buccinasco in via Marsala, in un quartiere prevalentemente di immigrati, meridionali e veneti, sorto all’inizio degli anni ’60. Carmelo, dal quarto piano dove abita, vede dalla sua camera l’ingresso della “Solfrene”, la ditta più grossa della zona, dove lavorano alcune persone della comunità. Sa bene quali sono i problemi di chi lavora in fabbrica, comprende le difficoltà di chi deve lavorare per otto ore consecutive in mezzo ad un rumore assordante e ad un calore insopportabile, perché pochi anni prima ha fatto lui stesso il tornitore in condizioni analoghe. È attento alla fatica degli altri perché vuol bene alla loro vita. Vorrebbe che tutti potessero partecipare della gioia dell’incontro con Colui che ha dato un senso buono a tutto quello che gli è accaduto. Nella sua stanza ha appeso una foto del santuario di Lourdes non solo per ricordare a sé, ma anche per mostrare a quelli che lo vengono a trovare un punto a cui guardare per trovare conforto e speranza. E invita sempre a pregare la Madonna, ad affidarsi a Lei.

I ragazzi di G.S. che vanno a far caritativa in Via Marsala hanno dato vita, insieme a quelli della parrocchia di Buccinasco, ad un gruppo chiamato “Comunità ’67” e Carmelo, in poco tempo ne diventa il cuore. Riaffiora in lui quel sano realismo che ci pone di fronte alla realtà desiderosi di guardare e imparare. Non più la pretesa di volere e sapere, ma una domanda continua di significato delle cose. Nasce una amicizia con persone che lo vanno a trovare e che lui provoca e tempesta di domande.

“Persone che ci tenevano a farmi sapere che avevano incontrato qualcosa che aveva riempito la loro vita. Dal momento in cui mi è stato testimoniato Cristo, mi sono fatto prendere da Lui. Cristo mi ha rimesso in gioco, mi ha recuperato da una situazione di morte in cui ero caduto, secondo una mentalità comune che era purtroppo anche la mia”.

Carmelo incontra il carisma

Carmelo è sempre presente, attento a cogliere assieme al bisogno immediato quello più profondo delle persone che lo vanno a trovare. È lui che riesce con semplicità ad esprimere un giudizio acuto su ciò che accade, ad individuare il bisogno reale e concreto dentro ogni circostanza. Non ama parlare molto, ma sa andare all’essenziale. Un gruppetto di amici della comunità che condividono più a fondo la responsabilità di un cammino cristiano, si riunisce a casa sua: è qui che vengono confrontate e giudicate le idee ed i suggerimenti di ciascuno.

Il carisma dato per grazia e potenza dello Spirito Santo a don Luigi Giussani rende sperimentabile in chi lo incontra e riconosce l’incarnazione di Cristo, presente qui ed ora, dentro tutta l’esperienza di umanità, di bisogno e di affezione di cui siamo fatti. Questo accade attraverso l’incontro con volti di amici che abbracciano la tua vita in un preciso momento come fu per Giovanni e Andrea che incontrando Cristo gli chiesero: “Dove abiti?”. E come allora, attraverso una compagnia cristiana è data anche a noi la possibilità di rispondere “vieni e vedi”.

Nel tempo questo confronto di Carmelo e degli amici della comunità sfocerà in un lavoro preciso e sistematico: la scuola di Comunità, che è la catechesi, lettura e spiegazione di un testo, meditazione personale e incontri comunitari, del Movimento di Comunione e Liberazione. […]

 

Caritativa

Dentro l’abbraccio di quest’amicizia, Carmelo sperimenta l’amore di Cristo a sé. Questo gli fa desiderare di donarsi agli altri attraverso un gesto di caritativa. Insieme a degli amici, la domenica pomeriggio, va all’Istituto Sacra Famiglia di Cesano Boscone a trovare gli ospiti ricoverati con gravi handicap: sono momenti intensi di accoglienza e di gioia reciproci.

La sera poi, Carmelo verifica col gruppetto, di cui lui è responsabile, quanto il gesto che hanno vissuto li abbia fatti crescere e arricchire in umanità in forza dell’incontro che hanno fatto con Cristo. Gruppo Immigrati

Tra i fatti più significativi nati dalla presenza di Carmelo, va sicuramente ricordato il “gruppo immigrati”. Scrive a M. Rita e Emilio in missione in Brasile: “All’inizio dell’anno abbiamo impostato il gruppo immigrati. Sono ragazzi soli venuti dal meridione, che si trovano insieme perché legati dalla loro storia comune e si sono dati come lavoro quello di preparare degli spettacoli teatrali in dialetto”. Col tempo, il gruppo è cresciuto e alcuni hanno conosciuto gente della comunità e così hanno incominciato a recepire la proposta cristiana.

Carmelo, instancabile educatore

Nel 1973 Carmelo decide di studiare per conseguire il diploma di maestro, obbedendo ad un’indicazione di don Villa, in quegli anni coadiutore del parroco don Stefano Bianchi. Carmelo accetta. Lo aiutano alcuni ragazzi della comunità.

Carmelo era già ammalato — racconta Dado Peluso — però aveva una speranza sulla vita grandissima; lo testimonia il fatto che mi avesse chiesto di aiutarlo a studiare latino perché voleva conseguire la Maturità magistrale”.

Don Adelio :”Per lui la sua infermità era una cosa normalissima, così aiutava i ragazzi a stabilire con lui un rapporto di amicizia e non di compassione per le sue condizioni.

Spesso iniziava il dialogo con una battuta su qualcuno di loro che conosceva meglio, oppure chiedeva com’era andata una certa cosa di cui avevano parlato la volta precedente; se c’era invece un ragazzo nuovo era particolarmente attento a lui. Era capace di ascoltare ed al tempo stesso di stimolare le persone a parlare. Preferiva chiedere ai ragazzi cosa stavano vivendo, ascoltarli, esprimendo poi, con tranquillità e serenità un giudizio su quello che loro gli raccontavano.

La Casa secondo Carmelo

“La nostra strana casa”, ha definito Carmelo il condominio di via Vittorio Emanuele 15, a Romano Banco, dove era andato ad abitare  nel 1980 con i genitori. È una casa della Cooperativa “San Benedetto”, costituitasi nel 1973, di cui Carmelo era tra i soci fondatori: anzi, era uno di quelli che aveva spinto maggiormente perché le persone della comunità che avevano il bisogno di una casa si aiutassero costituendo una cooperativa e comprando il terreno.

Dirà pochi mesi dopo essersi trasferito nella nuova casa: “Per me è qualcosa di particolarmente importante essere qui, per il semplice fatto che mi posso muovere con molta facilità, nel senso che io entro nell’ascensore con la carrozzina, non ho gradini da fare, per cui se un giorno voglio uscire, posso uscire con chiunque”.

“Carmelo si è sempre interessato perché questo progetto andasse in porto” — riferisce l’ing. Vincenzo Moretti, uno di quelli che si diede da fare maggiormente per la costruzione della casa.

Come è nata l’architettura della casa (Roberto Rizzini)

Ho conosciuto Carmelo il giorno che mi sono recato a casa sua, in via Marsala. Mentre io entravo Carmelo stava uscendo. Due ragazzi lo sollevavano come una portantina, un ragazzo teneva aperta la porta dell’ascensore. Carmelo per poter uscire (era diretto all’oratorio) doveva essere accompagnato come un bambino e non bastava una persona; era necessario un gruppo di amici. I movimenti di Carmelo dipendevano da questi amici, da questa compagnia. Ho cominciato così a riflettere su quale architettura fosse necessaria per accogliere questa amicizia.

A quel tempo non c’erano leggi, né cultura che aiutassero ad individuare le “barriere architettoniche”, ma la sfida era troppo importante: un gruppo di amici poteva superare gli ostacoli fisici, ma un’amicizia che investisse il modo di pensare l’architettura poteva produrre spazi più adeguati alla vita, di Carmelo e di altri. Così è nata la casa, non una rampa a lato della scala, non uno spazio per handicappati accanto allo spazio per i normali, ma un modo di pensare lo spazio che tenesse conto di tutti.

Che gioia quando un giorno sono andato a chiamarlo a casa sua e sua madre mi dice: “non so dove sia andato!”.

Ma quando ho incontrato per strada Carmelo che andava all’oratorio per accompagnare una nipotina (in piedi sul poggiapiedi della carrozzella) ho capito che si era compiuto un miracolo: in questa compagnia, adesso, era lui che accompagnava, anche fisicamente, gli altri.

Carmelo, una nuova prova

Negli anni che vanno dall’inizio della sua malattia (1963) a questa nuova svolta, Carmelo era stato ricoverato più volte, anche per lunghi periodi, in Ospedali o Istituti per la riabilitazione.

“La sofferenza ti costringe a pensare alla fragilità umana, a quello che effettivamente siamo, alla pochezza che siamo, però se non trovi, se non hai la forza di incontrare una compagnia, di incontrare delle persone che vivono, nella loro pochezza, un Mistero che è più grande di loro, uno potrebbe anche fermarsi li”. (Carmelo)

“La domanda alla quale sto cercando di dar risposta è perché Dio ha voluto così o meglio cosa vuole da me, da questo tempo che mi da”. (Carmelo)

Nel gennaio del ’90 il dottor Carlo Grillo, nefrologo (che insieme al dott. Adriano Rusconi lo segue dall’inizio della malattia) gli comunica che deve entrare in dialisi.

Dice il dottor Rusconi: “Quello è stato il momento più doloroso ed io ero molto preoccupato. Carmelo ancora una volta era come se chiedesse il ‘perché’ di quello che stava accadendo a lui e attraverso di lui alla sua famiglia”.

Il santo è un uomo vero perché aderisce a Dio e quindi all'ideale per cui è costituito il suo destino. Ciò significa ``fare la volontà di Dio``, entro una umanità che rimane tale e pur diventa diversa. (don Giussani)

Carmelo Caporale: una compagnia guidata

Carmelo sa che la risposta gli può solo essere donata come Grazia da un Altro e la domanda, la desidera, l’attende: così in quei giorni, dopo il dialogo serrato con i suoi, in cui né lui, né loro hanno saputo rispondere, decide improvvisamente di andare a chiedere aiuto a Padre Gerolamo, priore del Monastero Benedettino della “Cascinazza”, che lo richiama a vivere questa nuova prova come vocazione.

Dopo l’incontro con Padre Gerolamo, Carmelo cerca subito l’amico Adriano Rusconi e gli chiede: “Tu che sei responsabile della tua casa, com’è che fate a vivere così?”.

Vuole essere aiutato a comprendere il metodo per poter vivere lo stesso abbandono totale al disegno di Dio sulla sua vita e l’offerta totale di sè per la gloria di Cristo nel mondo che vede nell’amico e nella realtà dei “Memore Domini” a cui Adriano appartiene. “Guarda, noi viviamo fino in fondo quello che viene detto nella Scuola di Comunità. Tanto è vero che don Giussani dice che se noi non viviamo la Scuola di Comunità non capiamo fino in fondo la vita del Movimento di Comunione e Liberazione. E questo è più che sufficiente”.

Carmelo aderisce immediatamente, senza riserva alcuna: “Va bene. Tu aiutami a vivere questo come aiuteresti uno della tua casa”. E Rusconi accetta di essergli compagno e guida nel cammino alla santità.

Da questo momento obbedendo alle indicazioni Carmelo vive come regola la Scuola di Comunità che medita ogni giorno, soprattutto nell’ultimo anno, così che quelli che lo vanno abitualmente a trovare ricordano di aver sempre visto il testo di don Giussani sul suo comodino insieme al Libro delle Ore.

La sua accettazione diventa feconda di grazia non solo per sè, ma per tutti. Lui si è reso del tutto disponibile alla Grazia come la Madonna.

La grandezza dell'uomo sta nel rapporto con l'Infinito vissuto istante per istante. È la vita quotidiana il campo di gioco. La vita quotidiana è la vera avventura, perché ogni istante porta su di se il peso del rapporto con l'Eterno. (don Giussani)